LOT 132 Marolì Domenico, Socrate che indica di guardarsi allo specch...
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in cornice in legno laccato e dorato, Reca numero di inventario in alto a destra e antiche etichette di collezione al retro, olio su tela, W. 86 - H. 73 Cm, L. Hyerace, "Un nuovo quadro da stanza di Domenico Marolì", in Kronos 13.Scritti in onore di Francesco Abbate,2009, 2 volumi, pp. 5-13, Il sempre più costante interesse per la pittura messinese del Seicento che si è sviluppato negli ultimi decenni ha contribuito a meglio delineare le fisionomie di alcuni dei pittori più rappresentativi del secolo, come nel caso del raro Domenico Marolì -contemporaneo e condiscepolo del più noto Agostino Scilla presso la bottega di Antonino Barbalonga-, portando anche a includere nuove e importanti aggiunte al suo esiguo catalogo, confermandone il successo come pittore di quadri da stanza., Presentato in un’asta di Sotheby’s (Londra, 2008) come attribuito ad Agostino Scilla, il dipinto è stato successivamente ricondotto alla paternità del Marolì dal Prof. Luigi Hyerace:, “(…) La specialità per i quadri da stanza del pittore è ancora confermata da questo dipinto, che qui si presenta, raffigurante Socrate che indica di guardarsi allo specchio. Questo soggetto è tratto dalle ‘Vite dei filosofi’ di Diogene Laerzio, dove si narra come il filosofo ritenesse che i giovani dovessero costantemente guardarsi allo specchio per meglio conoscere se stessi. , Questo genere fu di gran voga presso i collezionisti privati durante tutto il Seicento e a Messina era stato apprezzato particolarmente dal principe e mecenate don Antonio Ruffo. Tuttavia,, che l'opera già a Londra non sia di Scilla ma del Marolì, risulta chiaro dal volto rugoso e ricco di impasto del filosofo, ben confrontabile con i volti del Lot dell'opera di Messina, dell'Isacco di Palermo e del Noè e del vecchio pastore dell'Erminia tra i pastori entrambi di collezioni, private messinesi. , La figura di Socrate emerge da un fondo scuro ed acquista forza per la luce che, penetrando dall'alto, determina un contrasto chiaroscurale che mette in risalto l'intensa resa naturalistica, del volto, della mano che si rifrange nello specchio e dei libri posti in, primo piano. Come nei filosofi di Scilla - pittore ben noto al Marolì - anche in questa opera è presente la convivenza di influenze classiciste, evidenti nella impostazione della figura avvolta dall’ampio mantello, e intenzioni più naturalistiche di derivazione meridionale e in particolare napoletana ben visibili nell'uso della luce, nell’impasto del volto del filosofo che rammenta esiti ribereschi e nella concreta realtà degli inserti di natura morta. (…)”
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